Renato Guttuso

Renato Guttuso nacque a Bagheria il 2 gennaio 1912 e morì a Roma nel 1987.
È stato uno tra i più significativi rappresentanti dell’arte italiana contemporanea e uno dei principali esponenti del neorealismo pittorico.
Nella sua pittura neorealista fa riferimento in particolare al Realismo socialista mostrando la realtà e l’attualità nella sua crudezza.
Coltiva la passione per l’arte fin dalla tenera età perché suo padre, dilettante acquerellista, frequentava gli studi e le botteghe degli artisti di Bagheria e lo portava con sé.
All’età di tredici anni inizia a realizzare i suoi primi quadri e a diciassette anni espone le sue opere in una mostra collettiva a Palermo.
Il giovane Renato Guttuso eredita dal padre sia la passione per l’arte che l’antipatia per il regime fascista che riscontriamo nelle sue opere.
Una delle sue prime opere fu La fucilazione in campagna, realizzata nel 1938, in cui denuncia apertamente i crimini del regime spagnolo, in particolare l’esecuzione di un gruppo di partigiani.

Renato Guttuso, Fucilazione in campagna, 1938

Intorno agli anni Trenta lascia la Sicilia e si trasferisce prima a Milano e poi a Roma entrando in contatto con personaggi di spicco dell’ambiente intellettuale come Alberto Moravia, Elsa Morante, Luchino Visconti, Antonello Trombadori e Marino Mazzacurati.
In quegli anni si iscrive al Partito Comunista Italiano ufficializzando così il suo impegno politico e nel 1943 disegna il simbolo del Partito Comunista Italiano.
Negli anni della guerra conobbe Mimise Dotti, che divenne poi sua moglie e compagna di vita.
Ma la Musa ispiratrice di Renato Guttuso fu la stilista e modella Marta Marzotto.
Dal loro primo incontro a Milano nel 1967 nascerà una passione che durerà venti anni, nonostante siano entrambi sposati.
Una tra le opere più famose di Guttuso è I funerali di Togliatti realizzata nel 1972 che divenne Manifesto del PCI (Partito Comunista Italiano)

Renato Guttuso, I funerali di Togliatti, 1972, MAMbo – Museo d’arte Moderna di Bologna

Altra opera di notevole pregio è la Vucciria, realizzata nel 1974, in cui si evidenzia il legame fortissimo alla sua terra.

Renato Guttuso, Vucciria, 1974, olio su tela, 300×300 cm, Palazzo Steri, Palermo

Le opere di Renato Guttuso sono ubicate all’interno del Museo Guttuso a Villa Cattolica.

 

 

Ferdinando Scianna

Ferdinando Scianna è un fotografo professionista nato a Bagheria il 4 luglio 1943.

Fin da bambino sognava di diventare fotografo e lo confessò al padre.

Molto legato alla Sicilia iniziò a farsi strada attraverso immagini realistiche della sua terra fino a recenti collaborazioni di moda.

Comincia a fotografare le feste di paese e nel 1963, in una di queste feste, appena ventenne incontra lo scrittore di Racalmuto, Leonardo Sciascia.

Sciascia sosteneva che:

« È il suo fotografare, quasi una rapida, fulminea organizzazione della realtà, una catalizzazione della realtà oggettiva in realtà fotografica: quasi che tutto quello su cui il suo occhio si posa e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento, né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e – in definitiva – al suo stile. »

Sciascia scorge fin da subito che Ferdinando ha i suoi stessi interessi e decide di accompagnare il primo libro fotografico “Feste religiose di Sicilia” con un suo testo.

Il libro conteneva Processioni, bambine vestite come la Madonna, alcuni incappucciati che sfilano durante la Settimana santa, ragazzi che si tengono in equilibrio sui cigli delle strade, bambini, volti di anziani con rughe, paesaggi, vi sono anche ritratti di artisti, attori, scrittori, poeti, e modelle.

Ferdinando Scianna gira il mondo in veste sia di collaboratore che di fotoreporter. Fotografa non solo la Sicilia ma anche le Ande boliviane, la Spagna, l’Africa, l’India e l’America.

Nel 1993 dedica il libro di foto Marpessa alla top model Linda Evangelista.
Successivamente realizza il volume I siciliani (Einaudi 1977) con prefazione di Sciascia in cui sono raccolti ritratti celebri tutti in bianco e nero.
Scianna sosteneva:

« Io guardo in bianco e nero, penso in bianco e nero. Il sole mi interessa soltanto perché fa ombra »

Poiché per Scianna il bianco e il nero rappresentano la tradizione della fotografia mentre la fotografia a colori è condizionata da una scelta industriale.